Il “velista-pericolo”

Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova.”
– Agatha Christie –
 
Un velista non è per forza un marinaio.”
– Anonimo –
 
Un marinaio lo valuto non solo da come naviga a vela con la sua barca, ma da come la gestisce, da come se ne prende cura, da come la rispetta e rispetta gli elementi naturali intorno a sé.
 
Andare in giro in barca non significa solo uscire dal porto, alzare le vele e rientrare la sera per l’aperitivo.
 
Andare in giro in barca significa anche cercare un buon riparo per passare la notte, perché i porti sono occupati, troppo cari o inesistenti.
 
Andare in giro in barca non sono solo albe e tramonti incantevoli, può qualche volta essere spiacevole, ci sono anche dei momenti difficili quali ad esempio il brutto tempo o un’avaria.
 
Spesso un buon velista non è un buon marinaio.
 
In Italia c’è ampia scelta di scuole per diventare un velista, magari anche bravo se si ha talento, ma non esistono scuole per diventare marinai, per ancorare, per ormeggiare, per gestire le comunicazioni radio, etc. Da noi ci viene data la patente (anche in un week-end) e con quella possiamo solcare i mari ai comandi di una barca di 24mt e… fare danni.
 
In questi ultimi dodici mesi, abbiamo navigato molto e la maggior parte delle volte abbiamo passato la notte in rada, imparando molto. Per passare la notte in rada, non è sufficiente dar fondo alla propria ancora,  significa valutare il territorio, conoscere o apprendere nozioni della zona di navigazione, leggere la meteo, avere un piano B in caso ci siano dei problemi durante la notte e capire se la barca ed il suo equipaggio sono in sicurezza in un momento di particolare vulnerabilità.
 
Purtroppo, non tutti la pensano così.
 
Siamo da un paio di giorni a Bequia, San Vincent and The Grenadine, è un periodo meteorologico molto delicato per questa zona. Ogni due o tre giorni arrivano delle perturbazioni che si formano sull’Africa possono essere in alcuni casi anche molto violente, oppure portare solo un po’ di pioggia e vento. Sapevamo da giorni che la notte scorsa sarebbe arrivata una di queste perturbazioni – chiamate onde tropicali – più violenta delle altre, che avrebbe portato vento fino a 30/35 kt di raffiche con temporali.
 
Coscienti di quanto sopra ci siamo cercati un buon ancoraggio, abbiamo fatto in modo tale di posizionare la nostra ancora in una bella chiazza di sabbia ed abbiamo abbondato di calumo per essere tranquilli.
 
Ed ecco che arriva lui, piano piano, controlla i posti con coscienza e quando è davanti alla nostra prua apre il galletto del barbotin e BRRUUUUM ancora in acqua. Perfetta, se non fosse altro che è a 20mt dalla nostra prua, sulla nostra linea di ancoraggio che ci immobilizza nel caso in cui avessimo l’esigenza di muoverci anche per emergenza.
 
Facciamo notare allo skipper che così non va bene, lui fa spallucce e continua a guardare la sua ancora.
 
Ripetiamo nuovamente il concetto con la nostra più grande calma, anche se ormai se n’è andata da un bel pezzo… ma niente. Lo skipper allora si sposta verso la sua poppa, con un rapido movimento si cala i calzoncini e si denuda, è tanto vicino che volendo potremmo anche lasciarci andare in commenti da osteria.
 
Temiamo ad un certo momento che voglia farci gestacci, ed invece salta sulla sua plancetta di poppa, prende una maschera e si getta in acqua. Ci fa segno di dove si trova la nostra ancora, gli diciamo che sappiamo dov’è ed è proprio per questo motivo che deve andarsene, poi nuota a controllare la sua ancora: inorridiamo.
 
Per posizionarsi fra Y2K ed i due Catamarani davanti ha dato poco calumo e con il vento previsto per questa notte potrebbe avere dei problemi che si tradurrebbero in problemi anche nostri.
 
Velista Pericolo Numero Due
 
Il nostro nuovo ‘vicino di barca’ rientra dal suo bagno, dopo una doccia veloce ed una breve asciugatura di tutto il suo corpo, indossa nuovamente i pantaloncini e rientra in pozzetto. Noi siamo ancora a prua guardare ed aspettare decisioni, il motore non l’hanno ancora spento, lui e la sua compagna di navigazione stanno discutendo i nostri ‘emendamenti’ sottovoce, forse non sono convinti nemmeno loro, ma non ci degnano di uno sguardo. Lei si alza e comincia a sistemare il pozzetto.
 
AHI AHI ! Brutto segno.
 
Decido quindi di saltare sul dinghy per andare a parlare con loro, armato di tutta la mia più grande diplomazia.
 
Mi avvicino loro, molto lentamente, mi vedono, vado piano piano, voglio che si abituino alla mia presenza, non voglio essere ostile, sfodero il mio più cordiale dei sorrisi, non di benvenuto ma di circostanza, sono la serenità fatta persona, oggi potrei vendere il ghiaccio agli eschimesi, non voglio che capiscano fischi per fiaschi.
 
Quando sono vicino al loro giardinetto, entrambi si voltano di nuovo verso di me, ormai sono pronti ad ascoltarmi, ripeto nuovamente loro che sono troppo vicini, la nostra ancora è sotto la loro pancia e se dovessi andare via non posso farlo. Lui mi chiede se vado via tra poco. Ci sta provando, fa il finto tonto, sta giocando con me.
 
No, gli dico, se ‘dovessi’ andare via per emergenza non potrei perché ci sei tu, inoltre è previsto brutto tempo per stasera e domani, sei troppo vicino, se per caso la tua ancora ara ci sei addosso ancora prima di accorgerti, sei troppo vicino, la rada è grande e c’è molto spazio.
 
Dopo aver parlato di brutto tempo, si sono guardati fra loro, forse hanno capito mi dico.
 
Io sono sempre vicino alla loro barca, ma non mi sono attaccato, per rispetto e per distanza.
 
Lui accenna una risposta, ma si ferma, gli chiedo cosa voleva dire ma di rimando mi dice: “I will move.” – Mi sposto.
 
Evviva, senza far trapelare alcun segno di soddisfazione dalla mia imperturbabile faccia da poker lo ringrazio e me ne vado. Dopo pochi minuti si sposta e si posiziona sulla nostra poppa, leggermente disassato dalla nostra linea, con abbondante calumo. Sono sicuro che non sapesse nulla del meteo ! Ho questa sensazione.
 
La notte poi è arrivata e con lei anche i temporali ed il vento forte, raffiche molto violente, davvero vicine a 35Kt, oltre i 30Kt molto spesso.
 
Mi sono alzato, come qualunque marinaio avrebbe fatto, per controllare se era tutto a posto, se non avessimo arato. Quando apro il tambucio non vedo più la barca del nostro ‘amico’, purtroppo ha arato ed anche tanto, ma è già sveglio ed in pozzetto che accende il motore per manovrare. Se fosse stato davanti a noi i problemi sarebbero stati anche nostri.
 
L’aforisma di Agatha Christie, riportato in cima al post, ci ha, in questo anno, fatto identificare il “velista pericolo” e ieri ne è stata la prova.
 
Abbiamo avuto modo di condividere il nostro punto di vista con altri navigatori incrociati in questo lungo anno e tutti concordano con noi per quanto riguarda l’argomento.
 
Ed ecco quindi il nostro personale ed umoristico identikit del velista-pericolo all’ancoraggio:
 
  1. Barca in ferro o alluminio, molto trasandata;
  2. Spesso un navigatore solitario nudista;
  3. Bandiera della nazionalità inesistente, stracciata o dipinta sulla coda del generatore eolico;
  4. Se anche lui reputa di essere vicino mette i parabordi;
  5. Madrelingua Francese.
So di certo che mi tirerò le ire degli amici transalpini per quanto scritto sopra, ma sono sicuro che anche gli amici Francesi  riconosceranno questa peculiarità di alcuni dei loro connazionali, così come noi Italiani riconosciamo le nostre.
 
Max

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Unknown
8 anni fa

Mi sa che vado a fare un corso di PNL e chiudo Monica sottocoperta quando mi ricapita 🙂

Piazza Grande
8 anni fa

Ecco, quando ho letto madrelingua francese ho capito che abbiamo esperienze analoghe! 🙂

Sirena Sailing
8 anni fa

Questo commento è stato eliminato dall’autore.

Roberto Baldini
8 anni fa

Un identikit ineccepibile, soprattutto per quanto riguarda il punto 5:))) buon vento!

ADVENTURE
8 anni fa

Ebbene si è proprio così. Chi va per mare ha incontrato il velista pericolo più di una volta. E hai proprio ragione, sono spesso francofoni. Il mio, a Folegandros, dopoinutili e innumerevoli insistenze da parte mia, forse non così Politically Correct, decise di fregarsene. All'arrivo delle botte di Meltemi (previste) la sua ancora mollò di botto e la sua prua si ficcò nella mia falchetta lasciandoci una bella tacca. Cosa fece? tirò su l'ancora e se ne andò dall'altra parte dell'isola. Naturalmente la tacca ce l'ho ancora 🙁
Claudio

Y2K
Y2K
8 anni fa

Dai commenti sul Blog e su Facebook, direi dii aver azzeccato la descrizione.
Buon vento a tutti!
Max