“Ah no, noi a Bora Bora non ci andiamo, è troppo turistica”. “Per carità, c’è troppa gente”. “No no, noi la saltiamo, troppi charter”. “Ci sono i resort”.
Queste sono alcune delle frasi che ci siamo sentiti dire da diversi giramondo, di svariate nazionalità, incontrati in giro per la Polinesia. Anche se alcune di queste affermazioni possono essere più o meno veritiere – vi spieghiamo il nostro “più o meno” avanti nel post – NON si può navigare nelle acque del Pacifico del sud e NON visitare Bora Bora almeno una volta nella propria vita. Sarebbe un errore madornale assecondare alcune di queste affermazioni e rimuovere l’isola dalla propria rotta.
Ed eccovi il nostro “PIU’ O MENO”
- “Bora Bora è troppo turistica” – sì, la sua ricezione turistica è alta perché l’isola attrae visitatori da tutto il mondo. Però non si ha MAI la sensazione di trovarsi su una spiaggia del Mediterraneo in pieno agosto, anche in alta stagione. Mai.
- “C’è troppa gente” – sì, ci sono più visitatori, un maggior numero di barche rispetto alle altre isole, ma, ancora, se vi aspettate una cosa come Rimini o come alcune delle baie Italiane a Ferragosto, ecco, cambiate idea. MAI visto affollamento nel villaggio di Vaitape e abbiamo SEMPRE trovato un buon ancoraggio dappertutto, gavitelli inclusi.
- “Ci sono troppi charter” – le barche e i catamarani charter ci sono, è inevitabile, ma non sono cosi ingombranti, spazio ce n’è per tutti, SEMPRE, ed è anche possibile trovarsi in ancoraggi in cui si è da soli.
- “Ci sono i resort” – sì, ci sono i resort, ma non si vedono più di tanto. Se siete schizzinosi, basta non dare fondo vicino ad essi, c’è tanto di quello spazio. Se non lo siete, invece, vi godrete ancoraggi pazzeschi, e magari anche qualche momento godurioso perché a parte un solo resort di super lusso, tutti gli altri (anche super lusso) accettano di buon grado ospiti esterni e barcaioli per drink, pranzi o cene. E magari vi organizzano pure un tour dell’isola che è un MUST.
Insomma, nessuno di quelli sopra rappresenta un valido motivo per saltare Bora Bora. Bora Bora è bellissima e la sua montagna principale, un vulcano spento – il Monte Otemanu – il cui profilo si delinea inconfondibile contro l’azzurro del cielo, si erge su una delle lagune più belle del mondo, dai colori irreali. In modo particolare più avanti nel post vi raccontiamo dell’ancoraggio di Sud Est, uno dei luoghi più incredibili che abbiamo mai visto.
Il nome dell’isola anticamente sarebbe stato Pora Pora in quanto l’alfabeto della lingua Tahitiana non esiste la lettera B, trasformato poi in Bora Bora.
L’isola dista circa 22 miglia dalla pass Paipai di Taha’a, direzione Nord Ovest. E’ importante non puntare direttamente su Bora Bora, ma seguire una rotta di almeno 10 gradi più a Ovest della rotta reale per due motivi: il reef a Sud dell’isola è molto esteso, molto più di quello che si è portati a credere e la corrente tende a spingere verso Nord Est.
Bora Bora ha una forma più o meno quadrata, circondata da un profondo reef e navigando verso di essa la sua sagoma è unica al mondo. Raggiungendo il Sud dell’isola da Raiatea o Taha’a bisogna lasciarsi abbondantemente il reef a Est, c’è una grossa meda che delimita la punta della barriera. Consigliamo, comunque, di stare parecchio al largo dal reef perché, anche in caso di tempo buono, si creano onde molto alte e gonfie.
Già costeggiando a debita distanza la barriera corallina a Sud, con la barca che fa su e giù dalle ondone oceaniche, è possibile farsi una vaga idea di quello che ci aspetta all’interno percependo appena i colori della laguna.
L’unica pass si trova a Ovest, si chiama Teavanui e non presenta alcun tipo di pericolo: è profonda, ben segnalata e non ci sono ostacoli. Il moto ondoso dell’oceano e i venti predominanti vengono bloccati interamente dalla barriera corallina e dall’isola, entrare è facile.
NOTA STORICA: Teavanui non è interamente naturale. Prima del secondo conflitto mondiale la pass era stretta, poco profonda e la corrente era molto forte appunto a causa di queste caratteristiche. Era pericolosa tanto che i locali la affrontavano con timore ogni qualvolta dovevano uscire per la pesca e molti morivano o rimanevano gravemente feriti nel tentativo di oltrepassarla. Poi, durante la guerra, gli Americani scelsero Bora Bora come una delle basi strategiche per le loro operazioni nel Pacifico. La sua laguna a quanto pare era perfetta, ma la pass non permetteva alle loro navi di accedervi. Così la bombardarono e la modificarono come oggi noi la vediamo. Per la gioia dei locali che ricordano ancora come da allora Teavanui non abbia mai più rappresentato un problema. Oltre alla pass, gli Americani costruirono strade, infrastrutture, acquedotti che lasciarono intatti ai Polinesiani una volta terminato il conflitto. Non esiste un abitante di Bora Bora che non ricordi gli Americani con affetto.
Il primo impatto con Bora Bora lo abbiamo proprio appena trovato l’allineamento per affrontare la pass e volgiamo la prua verso Est. Otemanu è proprio lì, davanti a noi. Lussureggiante, imponente, a guardia di una laguna blu cobalto, mentre ai nostri lati scorre il reef e le acque turchesi che lo delimitano. Motu Ahuna a sinistra con una spiaggetta deliziosa proprio sulla pass. Motu Tapu a destra.
Motu Tapu è circondato da banchi di sabbia su cui è possibile dare fondo e che subito cominciano ad abbagliarci per l’incredibile colore turchese del mare. Di fronte a Motu Tapu c’è l’isolotto di Toopua che offre, oltre a un ottimo ridosso dai venti predominanti, svariate opzioni di ancoraggio, una più bella dell’altra.
La nostra prima meta qui a Bora Bora si trova a Sud dell’isolotto di Toopua dove ci aspettano i nostri cari amici di “Obiwan”, Raffaella e Giovanni che hanno lasciato Tahiti prima di noi e che non vediamo da circa un mesetto. L’ancoraggio si trova vicino alla punta Mohio e davanti ad un resort. Fondo di sabbia dai 6 ai 10 metri.
Le coordinate sono: 16°31,457 S; 151°46,370 W
Nonostante la presenza del resort e il via vai dei battelli di servizio che portano gli ospiti in giro per l’isola, il posto è molto bello, volendo, per stare ancora più tranquilli, è possibile spostarsi un poco più a ovest, verso la barriera corallina.
Passiamo la notte insieme ai nostri amici di Obiwan, ci raccontiamo le ultime novità e verifichiamo insieme le ultime previsioni meteo. C’è brutto tempo in arrivo ed è previsto un giro di vento da Ovest-Sud Ovest, quindi ventone da SE. Decidiamo di spostarci l’indomani mattina e di navigare verso il Maikai Marina, poco lontano dal villaggio principale di Vaitape.
Il Maikai non è esattamente un marina vero e proprio, è più una specie di Yacht Service che mette a disposizione delle imbarcazioni un discreto numero di gavitelli – almeno una ventina, ma forse anche di più – al costo di 2000 XPF a notte (circa 18 Euro). C’è un ristorante con Wi-Fi e si gode di un’ottima vista del Monte Otemanu.
I gavitelli sono molto buoni, ma se c’è vento forte tra Sud e Ovest Nord Ovest oppure molto forte da SE (>25kt), nonostante il poco fetch si crea un’ondina ripida parecchio fastidiosa, anche se non pericolosa, il Monte Otemanu favorisce raffiche di tipo catabatico (mai pericolose comunque) e si balla un po’.
Non è necessario prenotare un gavitello, è sufficiente agguantarne uno libero a proprio piacimento. Da quanto abbiamo potuto sperimentare e osservare, il momento ideale per trovare una boa libera è tra le 10 e le 13 del mattino.
Il Bora Bora Yacht Club – storico luogo di ritrovo per i giramondo e recentemente ristrutturato – offre, invece, un ridosso decisamente migliore in caso di vento molto forte. La sua posizione è sicuramente privilegiata per il comfort delle barche e fino a 2 o 3 anni fa rappresentava anche l’unico approdo dotato di gavitelli. Si trova quasi davanti alla pass e l’unico vento che teme è l’Ovest.
Ce ne stiamo in compagnia di Obiwan al Maikai Marina lasciando sfogare pioggia e brutto tempo. Ne approfittiamo per visitare Il villaggio di Vaitape posto al centro dell’isola sul lato Ovest. E’ piccolo, ma carino, pulito e ordinato. Ci sono supermercati, il mercato, negozi di tutti i tipi, di souvenir, di perle, banche, il terminal dei ferry che vanno avanti e indietro dall’aeroporto – che si trova sul motu Mute e Nord dell’isola – la posta e la gendarmerie in cui è possibile effettuare le pratiche di entrata o di uscita dalla Polinesia. Bora Bora è infatti un Port of Entry ufficiale.
Quando le condizioni meteo cominciano a migliorare, contattiamo una famiglia polinesiana locale che organizza tour guidati dell’isola. Insieme e Raffaella e Giovanni, ce ne andiamo in giro per Bora Bora a bordo di una Land Rover mentre la nostra simpatica guida ci racconta la storia dell’isola e dei suoi abitanti. Visitiamo poi i luoghi dove è ancora conservato ciò che resta dai tempi della seconda guerra mondiale: le ancore delle navi militari americane, i cannoni.
Ci fermiamo presso la casa-laboratorio di alcuni polinesiani dove, da normali drappi di stoffa di cotone bianchi, nascono bellissimi pareo dai tipici motivi polinesiani e dagli stupefacenti colori che richiamano quelli della laguna. Tutto il processo è effettuato manualmente: il tessuto bianco viene immerso più volte nei colori prescelti a cui viene aggiunta precedentemente una minima percentuale di ammoniaca. Poi il tessuto viene disteso ben teso al sole, sopra di esso vengono adagiate delle forme che rappresentano fiori di Ibisco, sule, fregate, conchiglie, pesci, simboli tribali caratteristici come i tiki, le mante, gli squali. Quindi si aspetta che il colore si asciughi. Le forme applicate sui drappi fanno in modo che il calore del sole faccia evaporare l’ammoniaca presente nelle tinte colorate in tempi differenti ed ecco che i motivi restano impressi sul cotone in diverse tonalità. Il risultato finale è notevole.
L’ultima parte del nostro giro è quella che ci riserva la sorpresa più bella. Ci arrampichiamo su per la montagna e ci fermiamo in un punto panoramico, una volta era un punto dove era presente un cannone americano, dal quale è possibile ammirare una lunga parte della laguna, quasi fino all’ancoraggio di SE. E’ una bella giornata e l’aria è tersa: dalla nostra posizione, riusciamo a vedere nitidamente sia Taha’a che Raiatea. Il colpo d’occhio è incredibile e i colori sono bellissimi.
Al termine del nostro giro, prima di ritornare al Maikai Marina, ci rinfreschiamo bevendo acqua di cocco fresca dai cocchi appena colti dalla nostra guida.
Il giorno dopo ci spostiamo più a sud, attraversiamo Pofai Bay e andiamo a prenderci una boa davanti al Bloody Mary’s, un ristorante molto conosciuto e molto caratteristico. Il ristorante è parecchio frequentato dalle barche charter, appunto perché rappresenta una specie di “must”, ma nelle giornate di Lunedì e Martedì, è meno frequentato da queste ultime a causa dell’itinerario che solitamente seguono.
Il locale mette a disposizione delle barche 4 gavitelli gratuiti, c’è un lungo pontile di legno per lasciare i dinghy e dove è anche possibile ormeggiare se si ha un catamarano. Il pontile è ben tenuto e illuminato durante la sera. Il ristorante si trova dall’altra parte della strada principale, è costruito in legno e palme e il pavimento è di sabbia dappertutto.
I prezzi non sono popolari, ma è una bella esperienza, i piatti di carne o di pesce, entrambi freschissimi, sono ottimi, l’atmosfera è rilassata e molto piacevole.
Dopo tutta questa mondanità e vista la meteo in miglioramento è il momento di visitare il luogo più bello dell’isola. L’ancoraggio di SE. Per arrivarci dal Bloody Mary’s è necessario ritornare indietro navigando verso Nord e circumnavigare Bora Bora quasi interamente in senso orario. Per i monoscafo è fondamentale seguire attentamente il canale segnalato dai fanali verdi e rossi, ad un certo punto, una volta a Est dell’isola, c’è un passaggio decisamente “strizza chiappe” in cui bisogna fare ancora più attenzione: si tratta di percorrere una “esse” in mezzo ai coralli, siamo così concentrati che la facciamo in apnea. Il canale è strettissimo – si passa in mezzo a grossi reef semi affioranti – la profondità minima è di 3,20m ed è meglio seguire i fanali, effettuando anche virate da 90°, evitando di “tagliare” la rotta altrimenti sono cavoli amari!
Una volta superato questo punto, tutto il resto è una passeggiata e il premio finale è l’incredibile baia che si apre all’estremo SE, praticamente l’angolo più a SE di Bora Bora.
Delimitata da Motu Piti A’au a Nord, Motu Taurere e Punta Faroone a Est e Sud, Monte Otemanu che incombe a Nord Ovest, questa immensa distesa di sabbia è uno dei posti più belli del mondo. Il colore dell’acqua è indescrivibile, turchese talmente turchese che le ali dei gabbiani e delle sule che planano verso la superficie lo riflettono, trasformandosi in guizzi anch’essi turchesi. Ci sono poche teste di corallo ed è possibile dare fondo praticamente dappertutto, dai 10 ai 4 metri di fondo, tenendo d’occhio però le profondità. Attenzione alla parte Sud della baia, c’è un gradino netto che delimita un basso fondale sabbioso profondo circa 1,5m. E’ visibilissimo dai colori.
I catamarani possono aggirare questo basso fondale per poi attraversarlo in un punto preciso e trovare di nuovo una zona con fondali da circa 3/4 metri, un ancoraggio spettacolare. I monoscafi NO.
La conformazione della baia e i motu che la circondano la rendono super sicura e ridossata in modo particolare dai venti da NE, E e da SE anche molto forti (noi ci siamo beccati un SE 25/28 kt) per la quasi totale assenza di fetch e per il fondale sabbioso, di quelli che “risucchia” l’ancora
Le coordinate del nostro ancoraggio sono:
16°31,931 S; 151°42,355 W.
Ma se c’è spazio ci si può avvicinare alla costa fino a che l’ecoscandaglio riporta 3/4 metri.
E’ il luogo ideale per dare fondo, fare le cozze per settimane mentre ci si dedica allo snorkeling o alle immersioni. Noi e Obiwan ci piazziamo belli precisi in attesa che un’area di alta pressione che porta un SE bello gagliardo si svampi un po’.
Ci raggiungono anche gli amici francesi Dominique e Frederic di “Cap-a-cap”, un Garcia 41 di circa 20 anni con chiglia mobile. Hanno la fortuna di potersi ancorare in un metro e mezzo di acqua, vicino ai motu
Arriva anche Willy, a bordo della sua “Nina”.
Mentre il ventazzo soffia, noi ci dilettiamo trascorrendo intere mattinate e pomeriggi circondati da innumerevoli creature marine oppure passeggiando sulla sabbia bianchissima della spiaggia o a sbafarci cenette coi fiocchi a bordo delle varie barche.
NOTA: i motu che circondano questo ancoraggio sono PRIVATI. E’ possibile stare in acqua, passeggiare sulla spiaggia, sostare sulla spiaggia, ma non è consentito spingersi all’intero o tirare in secco il dinghy (lasciarlo all’ancora è OK).
Il mare è trasparentissimo, tutto il reef è vivo e dai colori sgargianti. Ci sono razze, trigoni, aquile di mare, squali, pesci tropicali. Sono curiosissimi, in modo particolare gli squali e i trigoni. In alcuni momenti della giornata, viene loro dato da mangiare da lance con a bordo turisti che possono così ammirare un gran numero di esemplari tutti in una volta.
Solitamente noi teniamo d’occhio la situazione, aspettiamo che le lance si allontanino e la ressa si calmi un pochino per recarci sul luogo con i dinghy, tuffarci in acqua e nuotare circondati da questi splendidi animali. Non hanno paura, si fanno avvicinare ed è un’esperienza notevole.
A volte contiamo anche 10 o 15 squali e altrettante razze, una moltitudine di pescetti colorati che sperano di recuperare qualche avanzo. Ma sono i pesci Farfalla quelli più “spavaldi”. Nuvole e nuvole di questi pesci gialli e bianchi ci si piazzano davanti all’obiettivo della videocamera a tal punto da creare un vero e proprio muro e da diventare quasi “molesti”. Impossibile vedere attraverso questa parete guizzante. Siamo immersi in un gigantesco acquario.
Poi c’è la barriera corallina che si estende al di là di Punta Faroone e Taurere, dove l’acqua dell’oceano entra nella laguna attraverso canali sottomarini, aperture nel corallo e hoa. Qui l’acqua è ancora più trasparente, la corrente più forte, ed è possibile ammirare dei coralli bellissimi, naturalmente sempre sotto la supervisione dei soliti squali pinna nera che spuntano all’improvviso quando meno te l’aspetti
Quando finalmente l’alta pressione perde un po’ della sua forza e il vento comincia a calmarsi, nostro malgrado, ci vediamo costretti a lasciare l’ancoraggio per ritornare al MaiKai Marina. E’ la fine di Agosto e dopo due stagioni trascorse nel paradiso terrestre che è la Polinesia Francese è il momento di volgere ancora una volta la prua verso Ovest.
Non siamo tanto contenti di partire, lasciare la Polinesia per noi è una violenza, potremmo rimanere per tutta la vita, ma dobbiamo andare oltre, visitare altri luoghi e, in particolare, desideriamo che la nostra undicenne Y2K, dopo 2 oceani e 13mila miglia, si faccia un bel check-up completo in Nuova Zelanda, unico posto qui in Sud Pacifico in cui trovare le professionalità e la ricambistica che cerchiamo.
E così in compagnia di “Obiwan” e di “Cap-a-cap” facciamo le pratiche di uscita per lasciare ufficialmente la Polinesia Francese. Per il momento, tuttavia, l’addio definitivo (e le lacrime) è rimandato. Toccheremo ancora due isole poste quasi come ultimo avamposto polinesiano prima delle Cook. La prima è Maupiti, non lontana da Bora Bora, la seconda è un atollo remoto e incredibile di nome Maupihaa (Mopelia).
Ma dobbiamo aspettare ancora 48 ore prima di uscire dalla pass di Bora Bora e percorrere le circa 30 miglia che ci separano da Maupiti. Il ventone ha sollevato onde di 4 metri e dobbiamo aspettare che il mare si calmi prima di affrontare la pass di Maupiti. Una delle pass più pericolose mai fatte… Ma questa è un’altra storia