20 miglia a Ovest di Huahine si trovano Raiatea e Taha’a. Fanno parte delle Isole Sottovento e condividono un unico grande reef esterno che le circonda entrambe e che crea così una sola grande laguna.
Numerose sono le pass di accesso, tutte grandi, profonde e facili, ben segnalate. Molte di esse, se non tutte, vengono definite sui portolani come “all weather pass”, cioè navigabili in qualsiasi condizione meteo. Ed è assolutamente vero: in un’occasione abbiamo affrontato la pass Toahotu a Est di Taha’a con onde di tre metri e un vento sui 30 nodi, sotto un incessante martellamento di groppi e rafficoni.
A parte la nostra strizza nell’assistere agli enormi muri di acqua abbattersi sulla barriera, una volta allineati e vicini ai due motu che delimitano il passaggio, la pass era un lago.
Le altre pass che abbiamo attraversato sono Teavapiti a Nord Est di Raiatea, Iriru a est di Raiatea e Paipai a Sud Ovest di Taha’a Iriru a est di Raiatea, quest’ultima è l’ideale per intraprendere la navigazione verso Bora Bora.
NOTA: Davanti alla pass Iriru di Raiatea si trova la baia Faaroa che si spinge molto all’interno dell’isola, è una specie di fiordo molto profondo. In fondo alla baia sfocia un fiume navigabile con il dinghy per più di un miglio. Faaroa ha profondità notevoli e dare fondo è un’impresa, ma ci sono dei gavitelli – gratuiti al tempo della nostra visita – che è possibile utilizzare per lasciare la barca in tutta sicurezza e spostarsi con il tender.
E’ un’esperienza DA FARE se se ne ha la possibilità, una visita indimenticabile letteralmente circondati dalla foresta tropicale e da fiori dai colori e dalle dimensioni incredibili. Consigliamo di portare una ceratina, è assai facile prendersi scrosci d’acqua torrenziali.
Le due isole “sorelle” distano circa un paio di miglia una dall’altra, Raiatea è la più grande ed è il secondo centro nevralgico della zona dopo Tahiti. A Uturoa, la cittadina principale che si trova a Nord, si trova davvero un pò di tutto e il suo aeroporto collega entrambe le isole con Tahiti e il resto dell’arcipelago.
A Raiatea ci sono due cantieri sicuri per lasciare la barca in secca per lunghi periodi (consigliati anche dalla nostra assicurazione) e “abbastanza” organizzati. Entrambi si trovano a Nord Ovest e sono praticamente uno di fianco all’altro. Il primo è Raiatea Carenage, il secondo è Chantier Naval des Iles sous le Vent (o C.N.I.) ed è quello che abbiamo scelto per alare Y2K, trascorrere in secca il periodo dei cicloni ed effettuare lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria.
Raiatea Carenage dispone di un travel lift. C.N.I., invece, utilizza il sistema con il carrellone trainato da un trattore che già abbiamo avuto modo di provare a Curacao.
La differenza rispetto a Curacao è che qui il carrellone va in acqua con tutto l’invaso, la barca si dispone sopra l’invaso, mentre un paio di uomini controllano che tutto proceda liscio in apnea con tanto di maschera, quindi gli stessi uomini sistemano le zampe e le tacche sulla carena, bloccano il tutto e danno infine l’ok al trattore per iniziare la manovra.
Non essendoci pontili di servizio, durante le operazioni generalmente si rimane a bordo a calarsi un numero spropositato e pericoloso di ansiolitici .
Il trattore agisce su un robusto cavo di acciaio super demoltiplicato che molto, ma molto lentamente traina la barca fino a terra, quindi aggancia il carrellone e sposta l’imbarcazione nel posto definitivo.
Anche se molte delle operazioni sono manuali e c’è un momento in cui l’angolo di pendenza è davvero “tanta roba”, non c’è un solo attimo in cui qualcosa è lasciato al caso. Tutti gli uomini sono super professionali, attenti e sanno esattamente come fare il loro lavoro.
Y2K rimane in cantiere da sola per 5 mesi mentre noi ce ne andiamo al freddo e al gelo Europeo. Al nostro ritorno, alla fine di Febbraio, Raiatea ci accoglie con giornate terse, soleggiate e calde tipo fornace.
Come dicevamo, dobbiamo eseguire alcuni lavori importanti e altri più di ordinaria amministrazione. Per quanto riguarda questi ultimi, a parte lucidare le fiancate, ravvivare l’antivegetativa Coppercoat con una bella spazzolata e sistemare alcune zone in cui vediamo una leggera delaminazione, facciamo saldare una prolunga al musone dell’ancora per alloggiare meglio la nuova Mantus in modo che rimanga bella ferma e solidale con il musone stesso. Il saldatore del cantiere è un polinesiano gigantesco che se ne va in giro con la sua tuta da lavoro conciatissima, ma sempre con un bocciolo di fiore di Tiare sull’orecchio sinistro .
Controlliamo ancora una volta il timone e la boccola visto che avvertiamo di nuovo un leggero gioco. Siamo abbastanza sicuri che il sigillante utilizzato a Curacao l’ultima volta non ha preso bene per cui vogliamo estrarre la pala del timone e risistemare il tutto.
Qui il carrellone che ala le barche non è idraulico e, contrariamente a quello di Curacao, non c’è la possibilità di sollevare la barca sul proprio invaso una volta a terra. Dobbiamo scavare una buca nel terreno per rimuovere il timone. Ci aiutano due operai del cantiere, in particolare il Signor Taputu, Marchesano DOC dalla forza incredibile, responsabile del cantiere e anche del servizio ufficiale di revisione Plastimo. Dopo svariati tentativi di fare un buco, tutti nulli, da parte di Max, con un paio di picconate (il terreno è corallino) nel giro di 5 minuti Taputu invece fa una buca impressionante! Naturalmente Taputu si preoccupa anche di aiutarci a sfilare il timone reggendolo quasi interamente da solo!
Ma il lavoro straordinario che più ci costa fatica e tempo consiste nell’installazione del nuovo potente dissalatore. Per completare tutto il sistema dobbiamo smontare mezza barca rendendola praticamente inagibile.
Con Y2K totalmente “smontata” da prua a poppa, i bagni del cantiere che non sono esattamente un esempio di igiene e il caldo atroce, ci rendiamo conto di non poter vivere a bordo e ci prenotiamo un bungalow sul mare presso il Sunset Beach Motel.
Un posto incantevole, a costi accettabilissimi: veranda sulla spiaggia, una grande camera da letto, un grande soggiorno attrezzato, una buona cucina con grande frigo e un enorme bagno con una bellissima doccia. Grazie alla bassa stagione, allo sconto “barcaioli” (sì perché qui fanno lo sconto a chi ha la barca in cantiere) e un ulteriore sconto alla fine, andiamo a pagare poco meno di €50 al giorno.
I gestori sono persone fantastiche, il servizio impeccabile. La spiaggia è appena fuori dalla veranda e alla sera assistiamo a tramonti dai colori assurdamente incredibili che ci rimettono in pace con il mondo dopo giornate di duro lavoro, smadonnamenti, parolacce da scomunica immediata, sudate epiche, graffi, contusioni e ferite di svariato genere.
Per pranzo ce ne andiamo solitamente allo Snack Bar “Mimosa”, 5 minuti a piedi dal cantiere, in direzione Uturoa. Il piccolo ristorantino a conduzione familiare ha come clienti prevalentemente, se non quasi esclusivamente, i proprietari o gli equipaggi delle barche in cantiere. Offre specialità polinesiane, pesce fresco alla griglia o a spiedini (tonno o mahi-mahi a seconda di cosa ha preso il pescatore la notte precedente ), pollo, poisson cru, qualche piatto cinese – verdura saltata con pesce o pollo – gelato (ma non sempre), patatine fritte a manetta, birra e bibite. Le porzioni sono davvero, ma davvero notevoli, i prezzi molto buoni, esempio: un piatto di tonno alla griglia+patatine+birra circa 1200 Franchi Polinesiani (più o meno €12). La famiglia che gestisce il ristorante è fantastica, sempre tutti sorridenti, felici, accoglienti. Quando siamo partiti per le Tuamotu sono scattate le lacrime.
Sia i due cantieri che il nostro hotel hanno tuttavia una piccola pecca: sono distanti dal paese di Uturoa di circa 7 chilometri e nelle vicinanze non ci sono né supermercati, né altro. Con un po’ di buona volontà si potrebbero anche fare quei 7 chilometri a piedi, ma in tutta onestà, siamo già abbastanza distrutti per i fatti nostri, così quando dobbiamo fare un pochino di spesa o prelevare contanti, chiamiamo un taxi, l’amico Giovanni, Polinesiano DOC, mooolto più economico che noleggiare un auto il cui costo, anche per un solo giorno, è esorbitante. Cosi per 1.500 franchi (meno di 15 euro) andiamo avanti ed indietro per il paese, compresa la spesa che carichiamo in macchina.
Uturoa è una cittadina piccola, ma offre una buona ricettività turistica. Ci sono tre supermercati che si possano definire tali, poi una serie di altri negozi gestiti da cinesi. Ristoranti, bar, caffetterie, banche, pensioni, hotel etc.
Quando ci spostiamo ad Uturoa per la spesa o per acquistare qualche ricambio, ci concediamo anche il lusso di un buon “cafè au lait” con “pain au chocolat” alla patisserie Bon Apetahi, situata sulla darsena principale del paese con una notevole vista sulla laguna e sull’isola di Tahaa.
A poca distanza dal paese c’è un primo marina “Marina de Uturoa” che però sembra essere ad uso quasi esclusivo di Dream Yacht Charter, una delle tre famose società di charter mondiali con sede a Raiatea.
A qualche chilometro da Uturoa e vicino all’aeroporto c’è il Marina di Apooiti, non molto grande, ma ben organizzato e molto ben riparato. Qui fanno base gli altri due giganti del charter, The Moorings e Sunsail, ma un posto all’interno si trova senza troppi problemi. In alternativa, è possibile sostare alla boa poco fuori al marina stesso. I costi sono accettabili. Noi ci siamo fermati per qualche giorno ad un gavitello e abbiamo pagato circa € 28 a notte.
Una volta terminati i lavori straordinari e pesanti, arriva il momento di ritornare finalmente in acqua. E’ un momento che attendiamo con trepidazione. Il cantiere C.N.I. ha anche una piccola darsena, un mini-marina, nel quale i clienti possono sostare durante le fasi precedenti e successive all’alaggio della barca. Una volta ritornati a galleggiare, dedichiamo due giorni a pulire Y2K e a renderla nuovamente vivibile così da poter lasciare il bungalow dell’hotel e trasferirci definitivamente a bordo.
Poi ci dedichiamo a completare la “TO DO LIST” dei piccoli lavoretti ancora pendenti come, ad esempio, l’installazione sull’albero della nuova rotaia Antal per i nuovi carrelli – sempre Antal – per la nostra randa steccata. Un controllo guarnizioni e olio al gruppo elettrogeno, installazione del nuovo bimini e sue varie prolunghe, la revisione della zattera Plastimo.
Quando finiamo tutto, Y2K è a posto e lasciamo Raiatea, dobbiamo rilassarci prima di iniziare seriamente la stagione. Ce ne andiamo quindi a Taha’a per trascorrere qualche giorno sereni, immersi nel silenzio delle sue baie e nel profumo dei suoi fiori.
Taha’a – chiamata anche l’Isola della Vaniglia per le sue grandi e rinomate piantagioni – è più bella e più tranquilla rispetto alla sorella maggiore. Ci sono numerosi ancoraggi lungo la sua barriera corallina esterna, in modo particolare, appena entrati dalla pass Toahotu sulla destra, protetti dal motu Mahaea. Sconsigliamo questo ancoraggio in caso di mare molto formato in Oceano. La vicinanza con la pass crea una discreta risacca e si balla parecchio.
Nella zona Nord e Nord Ovest di Taha’a ci sono altri splendidi ancoraggi a ridosso della barriera corallina e nelle vicinanze dei Motu Tautau e Tehotu. Il reef e i coral garden di questa zona sono fra i più belli dell’isola.
In caso di aliseo dominante debole o brezze da Ovest-Nord Ovest, è possibile dare fondo nella zona Est di Taha’a, protetti solamente dalla barriera e da qualche piccolo motu. Tutti questi ancoraggi sono molto belli, fondo di sabbia senza alcun pericolo. Le profondità sono molto buone, un monoscafo può ancorare in 6-8 metri, mentre un catamarano ha la possibilità di raggiungere la zona meno profonda, più vicina al reef.
Gli ancoraggi più all’interno dell’isola sono bellissimi dal punto di vista paesaggistico e le baie si spingono molto all’interno di Taha’a. I fondali sono tutti molto profondi, ma ci sono dei gavitelli che è possibile utilizzare gratuitamente.
Il primo ancoraggio che consigliamo è nella Baia Toerauroa, a sud di Taha’a. Oltre ad essere un luogo di pace assoluta e di incredibile bellezza, è uno degli ancoraggi più ridossati e protetti dai venti predominanti in cui siamo mai stati. Punta Toamaro, il suo reef e le sue colline bloccano completamente vento e fetch a livelli difficili da immaginare. Per quanto riguarda la nostra esperienza, siamo arrivati nella baia con un ventone sui 35 Kt e rafficoni anche sulla quarantina. Una volta doppiata la punta e raggiunto il campo boe è sparito tutto, davvero tutto. Qualche refolo sui 12-15kt, poi la pace.
Le boe si trovano appena subito doppiato il capo e sono gestite dalla Ferme Perliere Champon (il nome è chiaramente visibile sui galleggianti gialli appesi ai penzoli delle boe). In caso di brutto tempo, è possibile rimanere ad una boa per il tempo necessario senza fare nulla. In tutti gli altri casi, in modo particolare in alta stagione, la permanenza gratuita è subordinata ad una visita all’azienda perlifera che vi consigliamo di fare perché è una bella esperienza, e non si paga assolutamente nulla (a meno che non vogliate acquistare le perle ovviamente ).
La qualità delle perle di quest’azienda è certamente molto elevata, colore e forma sono specifici di Taha’a e introvabili in altri esemplari creati da ostriche allevate in altre zone della Polinesia. I prezzi di queste perle sono generalmente superiori alla media.
Le profondità in tutta la baia sono notevoli e dare fondo senza approfittare dei gavitelli va dal difficile all’impossibile. Tuttavia se si arriva alla mattina dopo le 11, è davvero raro non trovare una boa libera, anche in alta stagione.
Davanti al campo boe una volta sorgeva lo Yacht Club Taravanà, adesso purtroppo abbandonato. In qualche modo è stato sostituito con un barettino/ristorante con alcuni tavoli sulla spiaggia dove è anche possibile cenare e assistere a serate a tema con danze e canti polinesiani. I costi sono piuttosto elevati, chiedono circa 75 Euro a testa. Una birra o una coca sulla spiaggia però sono d’obbligo e la vista è impagabile.
Il barettino ha anche un dinghy dock dove è possibile legare il tender e lasciarlo non solo per bere qualcosa a terra, ma anche per fare una passeggiata lungo la strada poco più avanti, fare immersioni o snorkeling lì accanto e per recarsi alla Ferme Perliere Champon che si affaccia sul lato sopravvento di Punta Toamaro, a 10 minuti a piedi dall’ancoraggio.
Il reef proprio di fronte alla costa, dove c’è il bar, è un buon punto per fare una bella notata e un po’ di snorkeling. La parete di corallo scende rapidamente ed è piena di anemoni, ciascuno con i propri timidi “inquilini”, uno o più pesci clown.
Parecchie case si affacciano sulla strada principale che costeggia tutta l’isola. Sono costruzioni ad un piano, alcune proprio piccoline, con ampi giardini ben curati ed in ordine delimitati da palme, fiori e piante dai colori sgargianti e con cespugli di Tiare o alberi di Frangipani a farla da padroni. Ci sono galli e galline che razzolano di qua e di là, ogni famiglia possiede uno o più cani. Passiamo davanti a molte abitazioni, tutti ci sorridono, tutti ci salutano.
Proseguiamo verso Est, poi verso Nord. Un anziano polinesiano sistema la sua rete accanto ad una spiaggetta, poco più avanti da una casa sentiamo l’inconfondibile melodia di un ukulele e dei canti. Qui è cosi, nonostante i charter, nonostante il turismo più diffuso, nonostante i resort e gli hotel.
Due cani ci prendono in “simpatia” e ci accompagnano per un lungo tratto di strada fino a quando all’unisono decidono di essere ormai troppo lontani dalla loro zona e tornano indietro dai rispettivi umani, non prima di aver fatto un tuffetto nelle acque della laguna.
Di tanto in tanto ci imbattiamo in costruzioni di pietra scura squadrate, sormontate da altre lunghe pietre scure. Sembrano altari votivi, scopriamo poi che si tratta di tombe. Scopriamo anche che i defunti generalmente vengono seppelliti non lontano dalle case in cui sono vissuti con la propria famiglia, rivolti verso il mare. Questa pratica la ritroveremo un po’ in tutta la Polinesia, incluse le isole del Regno di Tonga.
Un altro ancoraggio da visitare si trova verso il lato di Sud Ovest di Taha’a, di fronte alla pass Paipai e si tratta della Baia di Hurepiti. Hurepiti è una baia molto profonda, anche questa più simile ad un fiordo e dato che pure in questo caso le profondità sono notevoli, è possibile usufruire di gavitelli.
Da Hurepiti si puo’ visitare la famosa piantagione di vaniglia di Taha’a. A quanto pare quasi l’80% della vaniglia di tutta la Polinesia Francese proviene da Taha’a. La piantagione è gestita da una famiglia che organizza una visita guidata molto speciale che dura quasi una giornata: il numero di visitatori per tour è limitato, le guide non sono altro che i membri della famiglia, ci si muove con la jeep all’interno della vegetazione lussureggiante dell’isola e la famiglia prepara anche il pranzo per i propri ospiti. Un’esperienza da fare.
Infine vi raccontiamo della pass Paipai. E’ una pass solitamente tranquilla, ampia, profonda che si estende disassata rispetto alla barriera, con una direzione Nord-Sud. Come tutte le altre pass e canali delle Isole della Società è molto ben segnalata. Paipai è la pass ideale per le rotte da/verso Ovest, Nord Nord Ovest, in particolare per navigare in direzione di Bora Bora.
Dicevamo che solitamente Paipai non presenta pericoli, lo specchio di oceano davanti ad essa è ben protetto dai venti predominanti sia da Taha’a che da tutta l’isola di Raiatea con relativo reef. In casi come questi è difficile accorgersi di aver lasciato una laguna ed essere in oceano aperto.
Tuttavia è importante prestare attenzione in caso di forti venti da Sud e da Sud Ovest perché le onde dell’oceano, non trovando nulla che le fermi, montano parecchio mano a mano che si avvicinano alle coste e possono creare marosi e frangenti pericolosi.
NOTA IMPORTANTE: se si proviene DA NORD, ad esempio, si ritorna a Taha’a da Bora Bora, e si desidera entrare nella laguna dalla pass di Paipai, è fondamentale individuare precisamente la posizione del fanale ROSSO che deve essere lasciato a sinistra abbondantemente. I due fanali verdi guidano poi verso l’allineamento corretto. Ricordiamo che la pass è disassata rispetto alla costa ed è facile farsi trarre in inganno, specialmente in caso di brutto tempo e mare grosso da S-SW.
MAI sfiorare i fanali in quanto non sempre sono posizionati proprio sui punti estremi del reef, ma in taluni casi sono all’interno.