La pass di Makemo non rappresenta un problema è ben segnalata e la corrente è entrante di un paio di nodi. Alle 9 siamo dentro la laguna e dirigiamo lentamente verso il nostro ancoraggio. Che raggiungiamo circa alle 11.
Le coordinate sono 16° 38,237’ S – 143° 24,741’ W.
Anche Makemo non scherza quanto a bellezza. Si potrebbe pensare che gli atolli delle Tuamotu siano tutti uguali e che visto uno, praticamente visti tutti. Non è esattamente così, almeno per noi.
Ognuno ha le sue caratteristiche: sabbioso, roccioso, più corallo, meno corallo, grandi teste di corallo, piccole teste di corallo, tante “patate”, zero patate, reef esterno largo ed esteso, reef esterno sottile, mare limpido e cristallino, mare più “lattiginoso”, laguna profonda, laguna poco profonda, solo palme, oppure altri arbusti, palme alte o palme basse. Makemo rispetto a Raroia è un po’ più roccioso.
Diamo fondo in 10 metri di acqua, poche teste di corallo. Ritroviamo gli amici di “Meccetroy” e di “Anthea”. Si parte subito in esplorazione della costa est dell’atollo.
Scarpiniamo per raggiungere il reef esterno. Ci imbattiamo in un antico cimitero polinesiano, le lapidi raccontano di date del 1800. Dalle conchiglie e dagli oggetti dall’aspetto recente, deposti accanto alle tombe, capiamo che ancora oggi, dopo così tanti anni, questi defunti sono onorati e ricordati dai loro cari.
Raggiungiamo il reef. Il vento è stato debole e l’oceano solo è un’immensa e tranquilla distesa blu cobalto.
In mezzo agli scogli e al corallo della barriera c’è di tutto: oggetti portati dalle onde del mare chissà da dove, gavitelli, scarpe, un cappello, qualche bottiglia, tante boe utilizzate dalle industrie perlifere. Ne recuperiamo un paio, ci serviranno per tenere la catena sollevata ed evitare che si incastri malamente negli ancoraggi in cui le teste di corallo sono numerose.
Il giorno dopo incontriamo due polinesiani, Ubert e Nolan. Lavorano la copra e vivono su un motu poco distante dal nostro ancoraggio. Ci invitano a visitare la loro casa. Ci andiamo con Kim e Mark di “Anthea”. Scopriamo che Ubert è anche una specie di artista e ha trasformato la sua capanna in una specie di casetta da libro delle favole. Raccoglie oggetti portati dal mare, conchiglie, corallo morto, gavitelli, reti, di tutto insomma e crea sculture, addobba gli arbusti, le palme, i locali della sua capanna.
Ubert e Nolan ci raccontano della loro vita e ci offrono da bere latte di cocco fresco direttamente dalle noci di cocco. Sono noci enormi, pienissime di latte che sembra non finire mai.
L’indomani arriva sull’atollo tutta la sua famiglia, Ubert ci racconta. Lui non pare molto contento, gli scombinano la casa – dice – i nipoti gliela trasformano in Disneyland e i parenti gli “rompono” tutto, anche la cucina. Tanto che ne ha due di cucine: una all’interno della capanna, solo per lui, un’altra all’esterno, “per i parenti”.
Ubert è un personaggio incredibile, è un Mahu. Il Mahu è il terzo genere qui in Polinesia. I Mahu sono riconosciuti da sempre sotto tutti i punti di vista come parte della società Polinesiana. Nessuno scandalo, nessuna difficoltà in nessun campo del vivere in comunità. La nostra, di società, avrebbe da imparare moltissimo dalla cultura Polinesiana al riguardo. Ubert e Nolan non hanno praticamente nulla, eppure preparano il pane al cocco per noi – una procedura laboriosa e lunga, per non parlare dell’accensione del forno, aspettare che vada in temperatura, cuocere il pane, insomma si parla di ore – dividono quel poco che hanno con stranieri mai visti prima.
Ci chiedono più volte i nostri nomi, come si pronunciano, per essere sicuri poi di rivolgersi a noi correttamente. Vogliono sapere da dove veniamo, dei nostri paesi – “Ohh Italie !!” – dice Ubert in un misto Franco-Inglese tutto da ridere – “Avec le bateau !!! 2 Oceans it’s a long journey !” Con la barca, 2 oceani è un viaggio lungo. Sì è un viaggio lungo, ma vuoi mettere se poi si incontrano persone come loro ?
Il terzo giorno il vento quasi muore e ruota a Nord. Avremmo dovuto drizzare le orecchie e stare all’erta, invece ci godiamo la bellissima giornata di calma e sole in giro per motu e reef. La nostra “ignoranza” in fatto di meteorologia locale e la nostra poca dimestichezza con l’interpretazione delle carte meteo qui nell’emisfero sud del pianeta la pagheremo più avanti.
Approfittiamo della calma di vento per spostarci vicino al villaggio principale di Makemo, Pouheva, che si trova subito a destra della pass principale di Arikitamiro. Queste le coordinate: 16° 57,605’ S – 143°34,280’ W.
Siamo con “Meccetroy” e “Anthea”.
L’ancoraggio è solitamente esposto ai venti predominanti (Est, Est Sud Est), ma soffia il leggero Nord ed è quindi protetto dal motu in cui sorge il villaggio e da il pontile in cemento a cui attracca la nave dei rifornimenti.
La zona è costellata da teste di corallo, seppure piccole, l’acqua è trasparentissima. Diamo ancora per la prima volta utilizzando le boe recuperate in precedenza per sollevare la catena e evitare spiacevoli incastri.
Ce ne andiamo a fare la spesa, troviamo più di quello che ci aspettavamo. La sera ce ne andiamo in pizzeria, ma siamo in 8 e la titolare ci guarda con occhi sbarrati: 8 pizze ? “Ne pas possible no no, siete troppi”
Ok ripieghiamo su un ristorante e ci facciamo una bisteccazza con le patatine fritte.
La mattina dopo ci spostiamo in direzione NE. Qui c’è un bell’ancoraggio con una lunga lingua di sabbia che in un certo modo protegge anche dai venti SE. Prima di poterci mettere in movimento perdiamo una buona mezz’ora per liberare la catena dal corallo. Il primo esperimento con le boe non è proprio riuscito benissimo (per nostra imperizia, andrà mooolto meglio più avanti) e Max – fra vari smadonnamenti e imprecazioni – deve buttarsi in acqua per disincagliare il tutto, mentre Ale al timone manovra in base alle istruzioni di Max.
Una volta liberi navighiamo con il solo genoa e raggiungiamo l’ancoraggio di Nord Est. Le coordinate sono: 16° 30,940’ S – 143° 49,325 W.
Il posto è effettivamente molto bello, ma non riusciamo a godercelo più di tanto perché improvvisamente il vento ruota a NW e si intensifica sui 15/18kt. Altro segnale che avrebbe dovuto metterci in guardia.
Siamo scoperti e comincia a crearsi un’ondina fastidiosa a causa del fetch. Ci spostiamo ancora e ce ne andiamo a ridosso di una serie di motu che ci proteggono molto bene da questo vento. Le coordinate sono: 16° 27,430’ S – 143° 51,462’ W.
La sera e la notte passano tranquille, il giorno dopo ci svegliamo con brezza da Ovest e un cielo da armageddon. Un muro nero impressionante incombe su di noi e si avvicina sempre di più da SW, minaccioso e decisamente spaventoso. E’ un fronte, una perturbazione australe che arriva da sud, che ha investito le Gambier e che adesso spazza le Tuamotu. Meteo France – che consultiamo sempre due volte nelle 24 ore – dà l’avviso solo nell’ultimo bollettino, quello del mattino alle 5. Troppo tardi. Le carte, invece, erano molto, molto chiare.
Qui le cose funzionano al contrario che nell’emisfero nord. Una perturbazione si sposta su una traiettoria SW – NE e crea una serie di eventi e situazioni prima del suo arrivo sempre costanti: indebolimento dell’aliseo fino a sua scomparsa, rotazione del vento SE, E, ENE, N con brezze leggerissime inferiori ai 10 nodi, 24 ore prima dell’arrivo del fronte rotazione ulteriore del vento NW, W fino a S-SW e intensificazione della brezza >25kt. E’ una cosa MATEMATICA. I segnali c’erano tutti (e ne parlano pure tutte le guide, i portolani e i libri che abbiamo consultato più volte), li abbiamo sottovalutati da bravi navigatori dell’emisfero nord.
In pochi minuti veniamo investiti da un ventaccio tremendo da Sud Ovest che si intensifica fino a raggiungere punte da 25kt e oltre. Piove a catinelle, sparisce l’orizzonte a 365 gradi, tuoni e fulmini. il nostro ancoraggio è esposto a SW. Il fetch è praticamente tutto l’atollo di Makemo, ci becchiamo onde da un metro e mezzo in faccia con le barche che beccheggiano miseramente, poppa al reef.
Passiamo un paio di ore ad aspettare e a sperare che il tutto finisca in fretta. Poi piano piano il vento diminuisce un po’ e ruota a Sud, primo segnale che la perturbazione si allontana e che la parte più violenta del fronte è passata. Il cielo è plumbeo, ma la visibilità è sufficiente. Ne approfittiamo per prendere su baracca e burattini e ritornare il più velocemente possibile all’ancoraggio di NE che quanto meno offre un minimo di riparo dall’onda da sud.
Seguiamo attentamente la nostra stessa traccia sul plotter, inutile la navigazione a vista, la laguna sembra una distesa di mercurio liquido.
Quando filiamo l’ancora ridossati dalla lingua di sabbia dell’ancoraggio di NE, abbiamo 18kt da S SE, il mare non è certamente liscio, ma ci sembra di sognare. Ci rimaniamo 3 giorni, tanto dura il tempo perturbato dopo il passaggio del fronte, discutendo fra di noi della bella lezione presa. Non ci cascheremo mai più.
Finalmente il 26 Giugno il tempo migliora nettamente e anche l’oceano si calma (c’erano onde di 3/4 metri nei giorni precedenti). Possiamo lasciare Makemo e dirigerci verso Tahanea, nostra prossima meta, che si trova a Sud Ovest.
Lasciamo Makemo alle 6:30 del mattino, usciamo dalla laguna dalla pass di NW, troviamo 5 nodi di corrente uscente che ci spara fuori dall’atollo ad una velocità supersonica (12 nodi !!!) e che crea vortici e onde ripide. E’ incredibile assistere a questo fenomeno, un così enorme spostamento di masse d’acqua da far ribollire l’oceano per mezzo miglio intorno alla pass.
Apriamo il genoa e ci apprestiamo a percorrere le 56 miglia che ci separano da Tahanea con un SE gentile, su un oceano tranquillo.
Ciao Ragazzi,
ho letto ieri del terremoto dalle vostre parti che ha causato alcune onde di Tsunami.
Non vedo vostri aggiornamenti da un po' per cui immagino siate "fuori dal mondo". Spero che tutto vada per il meglio.
In c.lo alla balena!
Caro amico,
sì siamo vivi e vegeti… in Italia da due mesi.
la nostra avventura è in stand by fino alla fine dell'inverno.
Grazie del pensiero
A presto
Ale e Max