La scorsa settimana, dopo una perturbazione che ci ha bloccato a Banedup (Cayo Lemon) per qualche giorno di troppo e quando l’aliseo ha mollato la sua potenza, ritornando alla normale intensità Caribe, abbiamo esplorato Coco Bandero Cays e Green Island, due posti stupendi.
Coco Bandero è un ancoraggio suggestivo, ma un pochino complicato a causa dei fondali piuttosto profondi (dai 9 metri ai 15) e degli spazi limitati dove invece è più basso, cioè nel canale fra gli isolotti di Olosicuidup e Guariadup. Inoltre con vento forte si rolla abbastanza. Noi ci siamo fermati a dormire ancorando in poco più di 9 metri d’acqua davanti all’isola di Tiadup. Avevamo 18/20 nodi di vento e abbiamo ballato ben bene per tutta la notte. Consigliamo di sostare in condizioni meteo tranquille e di trascorrerci la notte in caso di aliseo debole (inferiore ai 15 Kt.). Altrimenti è preferibile percorrere le circa 3 miglia che separano Coco Bandero da Green Island e ancorarsi qui per la notte.
Non stiamo qui a dilungarci con troppi “blablabla” inutili, le foto di questo gruppo di isolotti parlano da sole
La foto subito sotto mostra l’isolotto di Tiadup. Noi abbiamo dato ancora proprio a poppa di questo due alberi dalle crocette “alternative” (non ne aveva una dritta), in 9 metri. Più vicino alla spiaggia dell’isolotto ci sono circa 7/8 metri. In questo specchio di acqua il mare è profondo, specialmente alla destra di Tiadup, più vicino al reef dove abbiamo registrato 15 metri.
Green Island è a sud di Coco Bandero, come dicevamo, a poco più di 3 miglia di distanza. Ci sono due ancoraggi in questa zona, uno, più stretto e più protetto a ridosso proprio dell’isola, l’altro più ampio, con fondali poco più profondi protetto dal reef, Green Island rimane a sinistra.
E’ un ottimo ancoraggio in caso di vento forte, nonostante la profondità che varia dai 7 ai 10 metri, il fondo è un ottimo tenitore di sabbia. La zona più ridossata, dietro l’isola, è più confortevole, ma è soggetta ad una corrente che tende a far posizionare la barca non con prua al vento, ma parallela alla costa dell’isola. Per questo motivo in alcune condizioni meteo si rolla molto.
Noi diamo ancora nella zona davanti al reef, preferiamo il vento alle rollate e alle zanzare che a quanto pare, al tramonto, assaltano le imbarcazioni troppo vicine a terra.
Green Island è tutta da esplorare a piedi, lungo la sua spiaggia, con il dinghy sui suoi reef. La zona della “piscina”, un’area di mare basso, trasparente e turchese, disseminata di stelle marine è l’ideale per stare ore e ore a bagnomaria a godersi il panorama. Qualche volta in compagnia di una razza a caccia di cibo o semplicemente curiosa.
La meteo ci regala una settimana di cielo azzurro e aliseo gentile, mai sopra i 15 nodi, a volte addirittura inferiore ai 10. Riusciamo ad esplorare il reef, tutte le micro isolette che compongono quest’area, in modo particolare è degna di nota Waisaladup, ciuffetto di palme e sabbia a sud-est di Green Island. Lasciamo Y2K ancorata tranquilla e ci lanciamo con il dinghy alla volta di Waisaladup. In pochi minuti, grazie al nostro nuovo potente fuoribordo Tohatsu 18, siamo a destinazione.
C’è talmente poco vento che Max – FINALMENTE ! – riesce a far decollare il drone e a riprendere dall’alto il nostro ancoraggio, catturando immagini spettacolari.
Per finire in bellezza, l’ultima mattina di permanenza, Green Island ci regala uno spettacolo indimenticabile. Mentre facciamo colazione sentiamo degli strani rumori, come degli sbuffi. In realtà sono sfiatatoi. Un gruppo di 8 o 10 delfini entra nella baia. I cetacei nuotano, giocano, cacciano, si accoppiano non capiamo bene, tranquillamente in mezzo alle barche all’ancora. Passano vicinissimi, saltano, emergono teste, rostri, code, fanno piroette. E tutti noi, barcaioli, abbarbicati ai pulpiti a guardarli a bocca aperta.
Nuotano vicini alla costa dell’isola, in pochi metri di acqua, saltano, sbattono le code sulla superficie del mare. Poi, come a rispondere ad un comando, così come sono apparsi, escono tutti insieme dalla baia, procedendo come in parata da una barca all’altra. Senza parole…
Le carte sono state catturate dal portolano di Eric Bauhaus (Quarta edizione).